
L’intervento di Francesca Siboni, psicoterapeuta del Nuovo Sindacato Carabinieri per l’Emilia Romagna
“Dalla lettera che ha lasciato B.P. Maresciallo della Guardia di Finanza emerge una problematica che riguarda tutti coloro che lavorano in organizzazioni gerarchiche esecutive ovvero che uno dei bisogni prevalenti delle persone è la necessità soggettiva di dare una risposta al proprio senso di equità e di giustizia – spiega Francesca Siboni, psicoterapeuta del Nuovo Sindacato Carabinieri per l’Emilia Romagna – Questo bisogno porta le persone a cercare di raggiungere quella che considera essere la posizione più appropriata nella società e alla aspirazione a partecipare con gli altri ad un sistema sociale che offra a se stesso e a qualsiasi altro quella giusta collocazione. Inoltre questa aspirazione o bisogno coesiste con la consapevolezza delle differenze, che esistono tra sé e gli altri e quindi soggettivamente l’individuo ritiene di saper giudicare in quali aspetti gli altri possano essere superiori o inferiori in competenza. E’ una dinamica che riguarda bisogni, appunto, verso se stessi, bisogni sviluppatesi all’interno del gruppo di appartenenza e quindi bisogni non solo verso di sé, ma anche nella dinamica con gli altri e col gruppo di appartenenza“.
Il fallimento traumatico di questo equilibrio delicato disturba e travolge la rappresentazione di sé in un senso di fallimento di impotenza e di autodisprezzo. “Difficile quando si determina questo processo negativo riuscire a conservare un ragionevole atteggiamento equilibrato nei confronti di quanto possa essere ritenuto accettabile o semplicemente realistico. E’ ormai da molti decenni che si è sviluppata la consapevolezza, che l’organizzazione lavorativa attuale fa leva, prevalentemente, attraverso gerarchie esecutive di impiego consistenti in centinaia se non migliaia di rapporti diadici superiore- subordinato. Questa forma di gerarchia esecutiva ha così, nel tempo, nella nostra società, acquistato una grande capacità di incidere sulla natura dei rapporti interpersonali e sulla natura soggettiva delle relazioni. Molto sinteticamente possiamo individuare quattro bisogni comuni a tutte le persone: l’aspirazione ad utilizzare l’intera propria capacità di risolvere problemi nel contesto del proprio lavoro; nel rispetto dei rapporti di subordinazione la percezione di un corretto proprio coinvolgimento nella determinazione degli obiettivi; in terzo luogo il bisogno di sentirsi in condizione di avere la possibilità di ricorrere a processi di revisione del controllo che altri sente hanno sull’operato personale. Ultimo e non marginale sentire di poter costruire una collocazione nel gruppo di appartenenza di una propria posizione differenziale appropriata e di tipo coesivo e collaborativo. Purtroppo questi bisogni hanno differenti risposte e possibilità di essere accolti a seconda di limitazioni che l’organizzazione stessa subisce per le situazioni economiche, di possibilità di occupazione/disoccupazione e tutto quanto limita la capacità individuale e organizzativa di una partecipazione effettiva accentuando la dipendenza e sistemi di condizionamento estranei al proprio mondo soggettivo” – prosegue Siboni.
Conclude la psicologa: “E’ ormai consapevolezza e conoscenza che a partire dagli studi sulle organizzazioni e le relazioni organizzative e sugli effetti che le organizzazioni hanno sugli individui compiuti a partire dagli anni ’70 del secolo scorso sono emersi alcuni punti essenziali: il nesso che esiste tra struttura sociale e sofferenza psicologica e quindi il diverso significato e incidenza che i tipi di sofferenza mentale hanno nelle diverse componenti sociali; gli effetti sui comportamenti degli individui come lo stress a cui sono sottoposti come membri di un determinato gruppo; la difficoltà di organizzare all’interno della vita sociale situazioni di cura e di intervento adeguate per questi stati di sofferenza psicologica e mentale. Ritornando alla drammatica testimonianza di sofferenza di B. senza avere l’intenzione di intromettersi in valutazioni personali e individuali che richiedono un’attenzione più precisa e specifica alla situazione vissuta e alla storia personale sicuramente è importante non dimenticarsi di collocare quest’ultima entro dinamiche attivate all’interno delle organizzazioni gerarchiche in cui ha vissuto. Questa testimonianza drammatica offerta da questo caso apre una necessaria riflessione approfondita sull’incidenza e sul significato e sull’adeguatezza delle pratiche organizzative delle istituzioni in modo da renderle più adeguate e protettive dei bisogni delle persone che vi lavorano”.