Il settore agricolo è quello che regge meglio la crisi

Analisi congiunturale Confindustria, IntesaSanpaolo, Unioncamere: tiene l’agroindustria, profondo rosso per la moda

Dopo la flessione di quasi il 20% registrata nel secondo trimestre dell’anno, nel terzo il calo della produzione manifatturiera, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è fermato al 6,7%. Dunque, ancora un dato ancora di segno negativo, seppur di minor intensità, a indicare che nel periodo luglio-settembre l’industria emiliano-romagnola aveva avviato un percorso positivo che, progressivamente, l’avrebbe riportata ad avvicinare la situazione pre-covid. Il rapido diffondersi della seconda ondata e le misure di contenimento hanno rallentato lo slancio della ripresa. Pertanto, continua l’incertezza sui tempi di recupero dei livelli produttivi e la preoccupazione sulla tenuta di alcuni settori.

Come cambiano i consumi

L’analisi dei dati raccolti dall’indagine congiunturale, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo, presentata oggi, fornisce anche informazioni utili, in chiave prospettica. «La situazione critica che stiamo vivendo – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – impone di andare oltre l’analisi di quanto è accaduto sinora e guardare in prospettiva nel medio e lungo termine. La crisi in atto è esogena rispetto all’economia: non a caso l’Emilia-Romagna ha reagito meglio delle attese alla fine del lockdown, grazie alla tenuta della manifattura, alla vivacità delle filiere produttive e alla presenza di fondamentali solidi che saranno il nostro punto di forza quando usciremo dalla pandemia. Nei prossimi anni – aggiunge il Presidente Ferrari – vivremo certamente cambiamenti nei comportamenti, nelle abitudini di consumo, nel modo in cui le imprese riorganizzeranno produzione e servizi. A livello regionale – conclude il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna – contiamo sul Patto per il Lavoro per delineare una visione di medio e lungo periodo in grado di sostenere la crescita, ma capace anche di individuare alcune vere priorità su cui puntare con decisione ».

Male la moda, tiene l’agroindustria

La dinamica settoriale evidenzia agli estremi l’alimentare e il “sistema moda”. Le industrie alimentari e delle bevande hanno registrato una variazione della produzione pari a – 1,1%, una flessione che testimonia come il comparto sia tra quelli meno colpiti dalla pandemia. All’opposto si colloca l’industria del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, in calo del 15,8%. Per l’industria dei metalli, la diminuzione della produzione nel terzo trimestre del 2020 si è attestata al 9,3%, mentre la meccanica ha registrato un -5,7%.

Grandi imprese meno danneggiate

Dal punto di vista dimensionale, emerge un differenziale a favore della più grande. Se per le aziende con meno di 10 addetti la flessione produttiva ha sfiorato l’11%, per quelle con oltre 50 addetti, si è fermata attorno al 4%. Per le imprese artigiane la contrazione è stata del -10,3%. Osservando il periodo che va dall’inizio della pandemia a fine settembre, emerge che un terzo delle imprese ha registrato un calo del fatturato superiore al 20%, rispetto all’anno precedente. C’è poi un altro terzo di imprese che evidenzia una contrazione inferiore al 20%. Nel “sistema moda” la quota di imprese con fatturato in flessione sfiora l’80%; nell’alimentare i cali si fermano al 50%. Con riferimento al solo terzo trimestre 2020, rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, il fatturato estero è diminuito del 4,2%; gli ordini totali sono calati del 5,2%; gli ordini esteri hanno fatto segnare una variazione negativa pari a 2,6%. Numeri che sottolineano come la presenza sui mercati esteri abbia aiutato a contenere le perdite.

L’impatto sull’occupazione

Sul fronte occupazionale, nel terzo trimestre, il 9% delle imprese ha ridotto l’organico, con quote più ampie tra le imprese di maggiori dimensioni. Quasi la metà delle aziende ha fatto ricorso alla cassa integrazione, in particolare nell’industria dei metalli e tra le società più strutturate. La dimensione d’impresa è una variabile importante, anche nella scelta di ricorrere allo “smart working”: tra le imprese con oltre 50 dipendenti, il 62% di esse ha utilizzato il lavoro agile, quota che si ferma al 12% tra le aziende con meno di 10 addetti. Complessivamente un’impresa manifatturiera ogni 5 ha attivato forme di “smart working”.

Come si concluderà il 2020

Le previsioni relative alla produzione nell’ultimo trimestre del 2020 risentono già, almeno parzialmente, del clima mutato dal ritorno della pandemia (le interviste sono state effettuate nel mese di ottobre). Il 26% delle aziende stima un calo della produzione, il 50% prevede una sostanziale stabilità, il 24% ipotizza un aumento. «Le prospettive a breve termine risultano incerte. E’ una situazione mai vista ed estremamente complessa e, quindi, particolarmente difficile da valutare”, spiega Alberto Zambianchi, Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna. “Nel terzo trimestre la ripresa delle attività aveva permesso al settore manifatturiero un significativo recupero dei livelli produttivi, ma la “seconda ondata” ha interrotto il cammino. Continuano quindi a essere necessarie riletture e revisioni costanti, a fronte di uno scenario grave e in continuo mutamento. In Emilia-Romagna – rimarca Zambianchi – la centralità del manifatturiero è elemento di forza per “mantenere fiducia” nonostante la pandemia e i suoi effetti. Il Sistema Camerale continuerà a fare la sua parte, erogando risorse e servizi di supporto alle imprese, per sostenerle in questa difficilissima fase, e lavorando per dare il proprio contribuito nel costruire piani di rilancio».

La dinamica dei prestiti

Secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo prosegue la ripresa dei prestiti alle imprese dell’Emilia-Romagna, con un’accelerazione della dinamica nei mesi estivi fino a una crescita del +2,9% anno su anno ad agosto, più moderata della media nazionale. Da marzo, quando ha preso avvio la ripresa dei prestiti, fino ad agosto, ultimo dato disponibile, l’aumento dello stock è stato di 3,3 miliardi. In regione i prestiti alle piccole imprese crescono a un ritmo più che doppio rispetto a quelli alle imprese di dimensioni maggiori (rispettivamente +5,3% anno su anno +2,4% ad agosto), diversamente dalla media nazionale che vede le due dinamiche quasi allineate con una leggera maggior velocità dei prestiti alle imprese più grandi. In parallelo continua l’aumento dei depositi delle imprese presso le banche. In linea col trend nazionale, in Emilia-Romagna i depositi delle imprese hanno registrato una notevole accelerazione da maggio fino al +23% di luglio anno su anno e il +20% di agosto, con una crescita media del 13% tra gennaio e agosto. Da maggio in poi la dinamica osservata in regione è leggermente superiore alla media nazionale. In valore assoluto, in Emilia-Romagna i depositi delle imprese sono aumentati di oltre 8 miliardi da marzo. «A partire dall’estate abbiamo riscontrato segnali di recupero da parte delle imprese, dettati dalla forte volontà di ripresa del tessuto imprenditoriale regionale che riscontriamo quotidianamente nella nostra attività. I dati del terzo trimestre confermano questo trend ma restano dei margini di incertezza perché la forza della ripresa dipenderà dalle evoluzioni del contesto sanitario nazionale e internazionale”, sottolinea Cristina Balbo, Direttrice regionale di Intesa Sanpaolo. Che aggiunge: “Nei primi nove mesi dell’anno abbiamo erogato 2,7 miliardi di euro di nuovo credito alle imprese dell’Emilia-Romagna ed attivato 55mila moratorie ad aziende per circa 5 miliardi di debito residuo. L’ulteriore plafond da 10 miliardi che destiniamo al nostro Programma Filiere – che consente alle piccole imprese di ottenere un migliore e più conveniente accesso al credito facendo leva sulla solidità delle aziende capo filiera – è il segno tangibile della nostra fiducia nella ripresa: in Emilia-Romagna vi hanno aderito 101 aziende capofila con oltre 20mila dipendenti, 2.650 imprese fornitrici e un giro d’affari complessivo di 13,5 miliardi di euro».