Da una fake news solo un polverone mediatico che ha danneggiato l’immagine dell’azienda concessioanria degli spazi pubblicitari
RAVENNA – “E’ doveroso premettere che Publimedia Italia Srl è stata ininterrottamente concessionaria esclusiva degli spazi pubblicitari ed espositivi della Festa Provinciale dell’Unità di Ravenna per oltre 40 anni; detta qualifica, anche per la continuità temporale, è sempre stata nota in tutto il Paese, conseguentemente i fatti riportati da molte testate hanno rappresentato un gravissimo danno per la stessa indipendentemente dall’essere citati espressamente o meno all’interno degli articoli”
Così si apre la nota diffusa da Publimedia Italia, concessionaria di pubblicità di Ravenna travolta da un polverone mediatico, abbattutasi sulla Festa provinciale dell’Unità di Ravenna, che ha portato la questione anche all’attenzione della giustizia. A distanza di due anni, però, l’epilogo: non sono emersi elementi necessari per l’esercizio di un’azione penale.
E’ stato un post pubblicato su Facebook nel settembre 2015 a far montare il caso tanto da far approdare la questione direttamente in procura. Proviamo oggi a ricostruire la vicenda con l’Amministratore Unico di Publimedia Italia, Carlo Serafini.
Com’è nata l’intera vicenda?
La pubblicità di una casa da gioco fatta passare per un ‘casinò itinerante’ e dei volantini pubblicitari ‘scambiati’ per ‘buoni per tentarvi la fortuna’: è nato così il caso gioco d’azzardo alla Festa provinciale dell’Unità di Ravenna.
Lo stand di una ditta di proprietà dello Stato di San Marino fu chiuso (o non aprì per decaduto interesse) giusto in tempo per ‘emendare’ l’ultima serata della festa con tante scuse da parte dell’allora segretario provinciale del PD Michele De Pascale (oggi sindaco di Ravenna) mentre Publimedia, la concessionaria di pubblicità che operava per la manifestazione è stata, indirettamente, additata a pietra dello scandalo per l’intera faccenda.
Da qui alla gogna mediatica il passo è stato breve.
Come qualcuno ricorderà, il caso montò in seguito ai post Facebook di Massimo Manzoli, fondatore del Gruppo dello Zuccherificio, e oggi consigliere comunale della lista civica Ravenna in Comune. ‘Svista? Leggerezza? Sottovalutazione del problema azzardo? – scriveva fra le altre cose – Fatto sta che allo spazio espositivo della festa PD di Ravenna si può provare a giocare d’azzardo.’ I post divennero virali, provocando l’interesse dei media locali e nazionali. Da quel polverone all’esposto del Codacons – che fece partire un procedimento penale contro ignoti – il passo fu breve.
Il caso ormai è stato archiviato, ma come stavano esattemente le cose?
Non sono emersi gli elementi necessari per l’esercizio di una eventuale azione penale. Guardando più da vicino la vicenda, infatti e senza ‘filtri distorsivi’ della realtà, si sarebbe potuto vedere come il cosiddetto ‘casinò’ altro non fosse che un’installazione pubblicitaria rispettosa della normativa (e in particolare della legge Balduzzi) e che ‘i buoni’ erano solo dei volantini pubblicitari, sul cui retro emergeva in maniera inequivocabile la facoltà vincolante di uso solo a San Marino e l’impossibilità di essere convertiti in denaro.
È immaginabile che il danno di immagine sia stato significativo per l’azienda visto che l’attività di promozione risulta essere legale.
L’attività di promozione, assolutamente legale, della casa da gioco in questione è tutt’ora in corso e con le medesime modalità, nei principali quartieri fieristici del nostro Paese (Rimini, Ferrara, ecc.) all’interno di eventi fieristici internazionali e nazionali, per di più, da lungo tempo e attraverso banner pubblicitari, tappezza anche la stazione ferroviaria di Ravenna.
La vicenda ha avuto un costo molto alto per chi, per decenni, ha fatto il suo lavoro con la massima correttezza e trasparenza. Neppure per una volta, Publimedia – nel suo ruolo di concessionaria di pubblicità per la Festa dell’Unità – ha inserito negli spazi espositivi della manifestazione aziende la cui ‘desiderabilità’ non fosse prima verificata con il Partito Democratico. Prova ne sia la costante presenza di “giochi di fortuna” presso le varie edizioni della Festa, che mai hanno costituito motivo di scandalo per il partito, se non dopo la segnalazione del 2015 che ha dato poi origine al “caso Ravenna”.
De Pascale, tuttavia non pareva dello stesso avviso
Le esternazioni di Michele De Pascale, che al sollevarsi del polverone si dichiarò all’oscuro di tutto, pur essendo già al 18° giorno di svolgimento della Festa, mostrando riprovazione per lo stand (in quel frangente da lui giudicato politicamente inopportuno) furono sorprendenti.
Oggi, a distanza di più di due anni dal “caso Ravenna”, si può stilare un bilancio di quanto prodotto da quella contesa: se per nulla ha inciso sul problema ludopatia e sulle parti politiche in causa, profondamente ha pesato sulle spalle di un’azienda seria la quale ha ricevuto rilevanti danni economici.
In soli due anni, di acqua sotto i ponti, specie per quanto riguarda le azioni di contrasto alla ludopatia.
Il riordino del settore dell’azzardo per la riduzione dell’offerta di gioco è certamente un passo importante, come lo sono le norme a tutela delle categorie a rischio. E il punto è, probabilmente, proprio questo: lo strumento principe per agire contro la dipendenza dal gioco è, e deve essere, la Legge e la sua capillare applicazione. Anche il cambiamento nell’orizzonte culturale ha un ruolo centrale, ma i tempi sono di certo lunghi. L’accanimento contro gli operatori della comunicazione che agiscono nel pieno rispetto delle norme vigenti (spesso causa di danni incalcolabili quanto gratuiti), invece, non è utile a nessuno, e rischia di spostare l’attenzione su “querelles” di altra matrice che poco hanno a che fare con la soluzione del problema.