Ebe Giorgini, nonostante gli arresti domiciliari, raccoglieva ancora intorno a sé un nutrito gruppo di fedelissimi
Mamma Ebe tiene ancora banco. Nei mesi scorsi la Polizia di Stato ha avviato un’indagine con gli agenti della Squadra Mobile di Forlì, coordinata dal sostituto procuratore Lucia Spirito, relativa a una segnalazione dei confronti della nota “santona”, di nome Ebe Giorgini, di anni 83, responsabile di aver esercitato abusivamente la professione medica nei confronti di una giovane donna italiana e forlivese di 37 anni che, costretta dal marito – riminese di 35 anni, di buona cultura e molto religioso che credeva fortemente nella “santona” e la riteneva vittima di un errore della giustizia –, si era sottoposta all’applicazione di una pomata definita miracolosa per i problemi di infertilità, smettendo le cure tradizionali. Pomata che, tra l’altro, le aveva dato subito problemi di irritazione e lesioni.
La donna ha riferito che tutto ebbe inizio nel 2014, quando Mamma Ebe era stata scarcerata, e voleva farsi chiamare semplicemente “Gigliola”. La “guaritrice” aveva prescritto cinque trattamenti, al termine dei quali ne aveva prescritto altri.
A quel punto la donna si era resa conto che tutta la sua vita veniva gestita da Mamma Ebe e nel 2016 aveva deciso di separarsi dopo aver subito per anni la sua volontà e le sue pressioni psicologiche e fisiche.
Dalle indagini è emerso come il farmaco che veniva applicato da Mamma Ebe sul ventre della donna fosse una pomata infiammabile altamente pericolosa che, se applicata in sovradosaggio, comporta anche disturbi neurologici: si trattava di un farmaco indicato nei casi di distorsioni e lombaggini per alleviare dolori nevralgici e lombari.
La donna, durante le visite a casa della “santona”, ha constatato come gli adepti fossero numerosi e la ricompensassero con somme di denaro oltre che con lavori di manutenzione della sua villetta.
Durante un controllo domiciliare, gli agenti hanno potuto constatare come nella villa
di Sant’Ermete di Santarcangelo (Rimini) fossero presenti numerosi “pazienti”, nonostante la donna fosse agli arresti domiciliari dal dicembre 2014 dopo essere statacondannata in via definitiva a 4 anni di reclusione per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’esercizio abusivo della professione medica.