Nel suo discorso Mons. Lambiasi parla di cultura, solidarietà, immigrazione e integrazione

RIMINI – Nella tradizionale solennità di San Gaudenzo, il Vescovo ha incontrato le Autorità della Città, a cui ha rivolto parole di considerazione e di cordiale augurio. Il messaggio di mons. Francesco Lambiasi si carica di un significato particolare quest’anno, un passaggio che lui stesso definisce “cambiamento d’epoca che ci è toccato in sorte”.

“Stiamo assistendo a una evidente accelerazione storica: il disordine globale, il terrorismo, la tumultuosa crescita dell’Asia, l’interconnessione crescente delle informazione e dei trasporti, la crescita delle migrazioni, la sfida climatica. La società va diventando sempre più multietnica e multiculturale. Viviamo in una realtà cosmopolita. Il mondo di mio nonno era l’Italia. Il mio, l’Europa. Quello dei nostri nipoti sarà sempre di più il mondo”.

Così esordice il capo della chiesa locale che invita ad abbassare i toni e a non essere preda di “visceral psicosi dell’assedio” per poi aggiungere poco più oltre:“Si impone una domanda coraggiosa e onesta: nella nostra Città vogliamo aprire porte o blindare cancelli?”

 

Mons. Lambiasi invita poi le autorità così come i cittadini ad essere protagonisti di una rivoluzione culturale che porti Rimini ad essere non solo un contenitore di eventi, ma anche un luogo d’attrazione per cultura, arte, integrazione tra le diverse realtà presenti. Il Vescovo evidenzia i numerosi passi in avanti fatti per rendere la città più bella e vivibile, ma non manca nemmeno di sottolineare come l’università sia percepita ancora come corpo estraneo. “Per la Città il Polo – sottolinea – rappresenta una preziosa risorsa a livello culturale e sociale, oltre che economico. Non possiamo e non vogliamo perdere l’Università.”

Si accolgano gli studenti così come si accolga chi è in stato di indigenza e povertà. Il messaggio è esattamente in linea con quanto ribadito a più riprese da Papa Francesco, ed è quello di aprire le porte. Dobbiamo “rassicurare la nostra popolazione, promuovere un’opinione pubblica favorevole, aperta all’accoglienza. Occorre sconfiggere l’allarmismo, e occorre farlo con scelte mirate a costruire una convivenza di rispetto, di fiducia e di pace fra residenti e immigrati”, spiega Lambiasi che pone l’attenzione anche su quelle situazione in cui i processi di accoglienza sono giunti al termine: “Non avrebbe conseguito il suo obiettivo un’accoglienza iniziale, anche generosa e operosa, alla quale seguisse poi una condizione di emarginazione; di lavoro assente, o precario, o in nero; una situazione di mancanza di alloggio, o che non favorisse la formazione di nuove famiglie o il ricongiungimento di quelle già esistenti; una situazione che spingesse gli immigrati a chiudersi in ghetti senza relazioni feconde con la vita della Città.”

Il messaggio ai fedeli, quindi non solo alle autorità, è chiaro e forte: “I cristiani che si professano tali e cacciano i migranti sono degli ipocriti”.

Non solo migranti, ma la cultura dell’accoglienza, del sostegno è da rivolfere anche ai cittadini di Rimini che si trovano in difficoltà: “Anche nei confronti di questi fratelli emerge la necessità che le nostre comunità siano disponibili a fattivi gesti di solidarietà, che le parrocchie, anche con la collaborazione della Caritas, promuovano progetti di accoglienza e di prossimità volti a sostenere le persone bisognose nel graduale recupero delle loro capacità e, quindi, della loro autonomia”.

Dall’inclusione sociale all’inserimento lavorativo, il Vescovo di Rimini parla della quotidianità dei bisogni primari degli individui e delle famiglie, senza se e senza ma, affrontando una ad una le questioni più salienti e delicate come quella del campo profughi di via Islanda. “Sento il dovere di richiamare quanto il-29 marzo 2016- la Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna ha deliberato in merito alla- Strategia regionale per l’inclusione di Rom e Sinti – che prevede indicazioni e norme circa l’abitazione, l’istruzione, il lavoro e la salute di questi fratelli e sorelle. E’ onesto riconoscere che le condizioni precarie in cui vivono molti di loro contrastano con il rispetto di queste indicazioni – ha dichiarato il Vescovo – Occorre pertanto domandarsi: cosa stiamo facendo perché, per Rom e Sinti, si volti pagina e si dia inizio a una storia nuova e diversa?

 

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